“T’avevo chiamato per sapere come t’eri messo per Ferragosto…”

Sì, già lo so cosa starete pensando… Chi di noi non ha visto, almeno una volta nella vita, il film “Un sacco bello” di Carlo Verdone? Chi di noi, quando sente “Ferragosto” e “Polonia” nella stessa frase, non fa un’associazione del genere?

Beh, confesso, la mia idea di Ferragosto non è nata in questo modo, e sono partito senza penne Bic e calze di nylon… Soprattutto, non ho viaggiato con l’amico di Martucci, ma in solitaria. Solo io, il mio zaino, un buon libro (“La libertà viaggia in treno”, di Federico Pace, che vi consiglio). L’idea è nata a fine giugno, quando ho realizzato quali giorni avrei avuto a disposizione e come ripartirli tra le varie “mini-vacanze”. Essendo molto legato al concetto di “maratona come viaggio”, mi dico: “Perché non abbinare qualche giorno in Europa ad una maratona interessante?”.

Così, vado a cercare su www.myraceland.com (sito davvero completo, dateci un’occhiata se siete in cerca di ispirazione per le vostre maratone in giro per il mondo) qualche buon “pretesto” per la settimana di Ferragosto. L’occhio mi cade qui:

Maraton Solidarności, la “Maratona della Solidarietà”. Giunta quest’anno alla ventiquattresima edizione, nasce per commemorare le vittime della rivolta operaia del 1970, il cui epicentro furono i cantieri navali di Danzica. Ed infatti si svolge proprio a nord della Polonia, sul Mar Baltico, collegando con un percorso in linea le città portuali di Gdynia e, appunto, Danzica, passando per Sopot.

Cattura

Il percorso della XXIV Maraton Solidarności

E’ una maratona di nicchia. Poche centinaia di iscritti, pochissimi stranieri e appena sette Italiani. Appena 22 euro l’iscrizione. A decidere, ci metto due secondi. Si va. Non volerò direttamente su Danzica ma su Varsavia, approfittando dell’occasione per muovermi in più città perché il viaggio, si sa, è scoperta, e movimento.

Lunedì 13 agosto, 9AM, aeroporto di Fiumicino. Si parte!

La partenza da Fiumicino

La prima tappa del viaggio è Varsavia. Una città che riconduce perfettamente al concetto di rinascita, a me molto caro. Si pensi che, dopo la distruzione avvenuta per mano delle truppe di Hitler durante la seconda guerra mondiale, tutta la nazione si mobilitò per ricostruire la città con le macerie delle sue stesse rovine, basandosi sui disegni del pittore italiano Bernardo Bellotto. Ed è davvero affascinante vedere come, nonostante la ricostruzione, la città vecchia conservi ancora la sua anima originaria, allietata dalle dolci note dei notturni di Chopin, cui proprio Varsavia diede i natali un paio di secoli fa.

Varsavia Old Town

A Varsavia cammino molto, soprattutto lungo il fiume Vistola, che attraversa la città e la Polonia intera. Le passeggiate lungo i fiumi sono quelle che mi aiutano più di ogni altra cosa a mettere in fila i pensieri, sarà anche per l’inevitabile metafora che conduce a quel “Panta rei”, “Tutto scorre”, motto del continuo mutamento e di come, tutti noi, siamo il frutto di esperienze passate che determinano quello che siamo e che, probabilmente, non ripeteremo. Perché “non si può discendere due volte nel medesimo fiume, a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento”.

Lungo il fiume Vistola, a Varsavia

La mattina dopo, martedì 14 agosto, è tempo di ripartire. Alle 7 salgo su di un treno in direzione nord. E’ un vecchio Intercity, con vagoni divisi in scompartimenti da sei, poggiato su due binari in mezzo al nulla, a bordo del quale trascorro circa quattro ore e mezza. Incrociando di tanto in tanto qualche minuscola, dimenticata stazione. Arrivo così a Gdynia, affascinante città portuale affacciata sul mar Baltico, dove il fiume Vistola termina il suo scorrere. Come tutte le città “di frontiera”, il porto ne costituisce il centro nevralgico, e qui fa bella mostra di sé la Dar Pomorza, nave-museo con 109 anni di storia dove, un tempo, si addestravano i cadetti della marina.

La nave-museo Dar Pomorza, attraccata nel porto di Gdynia

Domani, mercoledì 15 agosto, la maratona partirà proprio dal centro di Gdynia, davanti al monumento dei caduti. La ricorrenza è molto sentita, a maggior ragione quest’anno in cui la Polonia festeggia i cento anni della propria indipendenza. La gara è quindi preceduta da una toccante cerimonia di commemorazione, alla quale partecipano le più alte cariche locali.

Momento della commemorazione dei caduti a Gdynia, prima della partenza (foto Maratonczyk)

Ritiro il mio pettorale, lo indosso. Lascio il mio ingombrante zaino, che ritroverò a Danzica, al bus del deposito borse. Come in ogni occasione, all’ingresso in griglia inizio a chiedermi come sto e cosa posso dare oggi. Uno dei vantaggi del correre tante maratone è anche questo, quello di poterne affrontare ognuna con la giusta consapevolezza del mio stato di forma. Senza mesi di preparazione alle spalle, senza ansie, senza aspettative. Con l’unico obiettivo di correre bene, al meglio delle mie “possibilità del giorno”, godermi la distanza, divertirmi ed emozionarmi, se possibile.

Gdynia, prima della partenza

Oggi, forse sopravvalutandomi un po’, sento che sto molto bene. Forse, anche e soprattutto per una questione di fiducia, venendo dalla bellissima Maratona alla Filippide corsa dieci giorni fa. Per cui, decido di osare, di partire tra i primi e di mettermi sin dall’avvio ad un ritmo molto vicino a quello del mio miglior tempo. Poco prima dello start, mi si avvicina il pettorale 636, al secolo Marek Nowosielski, classe 1955. Inizia a parlare con me in un incomprensibile polacco, forse vuole darmi qualche informazione sul percorso o semplicemente incoraggiarmi prima del via… cosa realmente mi abbia detto non lo saprò mai, mi limito a sorridere ed annuire.

Partiti!

I primi quattro kilometri sono un godibile giro cittadino, un “biscotto” andata e ritorno dal porto. Le gambe girano, tengo facilmente un ritmo medio intorno ai 4’40″/km. Cosa che conferma le mie buone sensazioni, ma al tempo stesso mi stupisce un po’, visto che i giorni precedenti alla gara sono stati ricchi di spostamenti e, per questo, molto impegnativi. Il buon Marek, 63 anni, mi rimane in scia. Un grande!

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Gdynia, primi kilometri di gara (foto Dorotha Swiderska)

Dopo il quarto kilometro, inizia un lunghissimo “drittone” sulla strada 468, che collega Gdynia, Sopot e Danzica. In pratica, fino alla mezza maratona sembra quasi di correre la RomaOstia, “giretto” all’EUR compreso. La strada è molto ampia, ben presidiata, si corre bene. Nonostante un inatteso sole inizi a far capolino e ad alzare un po’ la temperatura che, in partenza, registrava appena diciotto, godibilissimi, gradi centigradi. Ai lati della strada la partecipazione non manca, ci sono famiglie e bambini, nonostante la gara si stia svolgendo lungo una strada per lunghi tratti extra-urbana. Io continuo ad andare, e anche bene.

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Lungo la strada 468 all’altezza di Sopot (foto Dorotha Swiderska)

Passo alla mezza maratona in un’ora e trentanove, in proiezione sono addirittura in linea con il tempo fatto registrare in Sicilia dieci giorni fa. Non avendo però approfondito il percorso in dettaglio nei giorni precedenti, mi lascia un po’ perplesso il fatto che già a metà gara siamo arrivati a Danzica. Dopo il check-point della mezza, facciamo inversione per tornare indietro su una parallela, decisamente periferica, della strada appena percorsa. Inizio a sentir puzza di “biscottone”, e così sarà.

Passato qualche minuto su questa lunga, assolata e solitaria strada in zona industriale, inizio a sentirmi stanco e annoiato. E non so se sia la stanchezza ad indurre la noia, o viceversa. Fatto sta che il passo inizia a farsi più pesante, l’incedere più lento, il viso più tirato.

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Poco prima del trentesimo kilometro, alle mie spalle Marek Nowosielski

Marek mi arriva a ridosso, superandomi. Arrivo comunque al ristoro del trentesimo con un buon tempo di due ore e ventiquattro minuti, ma qui mi fermo perché ho bisogno di bere e integrare con calma. Riparto ad un ritmo molto tranquillo, fermandomi anche ai due ristori successivi. Passiamo per Jana z Kolna, una strada a quattro corsie che costeggia il passante ferroviario. Inizia a fare caldo sul serio, e mi dispiace che, a maratona quasi conclusa, ancora non abbiamo visto nulla della splendida città di Danzica. Si entra in centro a fine gara, esattamente al quarantunesimo kilometro. Qui mi riprendo, fisicamente e moralmente, perché Danzica è meravigliosa, e la gente al di là delle transenne che delimitano l’ultimo, tortuoso kilometro, è tanta e festante.

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L’ingresso nella città vecchia di Danzica (foto Dorotha Swiderska)

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L’arrivo a Danzica (foto Dorotha Swiderska)

Arriviamo al centro di Dlugi Targ, il mercato lungo, nella città vecchia, davanti alla fontana di Nettuno e al Palazzo di Artù. Appena dietro di me, un papà chiude la sua maratona mano nella mano con i suoi tenerissimi bambini. Sorrido, taglio il traguardo saltando come mio solito, stoppo il crono, mi faccio mettere al collo la meritata medaglia.

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Sulla linea del traguardo (foto Dorotha Swiderska)

Chiudo la mia ventiduesima maratona con il tempo di tre ore, trentotto minuti, trentasette secondi. Arrivo novantanovesimo su seicento nella classifica generale e, piccolissima soddisfazione, primo dei sette italiani in gara, nonostante avessi potuto fare decisamente meglio.

Medagliato e felice a Danzica. Maratona numero 22 portata a casa!

Recupero il mio zaino, mi cambio, mi dirigo al ristoro finale dove bevo una quantità indefinita di acqua e divoro, senza neanche chiedere cosa ci sia dentro, una tipica zuppa calda a base di carne e verdure. Ciò nonostante, ho ancora tanta fame. E di lì, all’Hard Rock Café del centro, il passo è davvero breve…

Il mio ristoro: Quinoa burger, patatine e birra!

Dopo aver adeguatamente reintegrato, impiego le mie poche ore a Danzica per fare un giro in Amber Street, tra mercatini, bellissime chiese e statue gotiche. Prima di salire su di un treno che mi riporta, in serata, nuovamente a Varsavia. Trascorro lì l’ultima notte e, l’indomani, giovedì 16 agosto, mi sveglio presto per andare a fare una mezz’oretta di scarico. Che poi, è solo un pretesto per godere del bellissimo Parco Lazienki.

Il Bathouse Palace nel Parco Lazienki, a Varsavia

Una doccia, ed è già il momento di ripartire. Torno a casa portando con me il ricordo di una bellissima esperienza. Di un viaggio interiore, come sempre mi accade quando mi muovo da solo. L’occasione per fare chiarezza dentro di me riempiendo, al contempo, gli occhi di rara bellezza e le gambe di sano acido lattico. Per una volta, non un viaggio per la maratona, ma una maratona per il viaggio. A casa, oltre ad una bellissima medaglia, mi porto un bagaglio in aggiunta: di ricchezza, nuova linfa ed emozioni.

La bella medaglia della XXIV Maraton Solidarności

La prossima, grande, avventura, sarà tra un mese a Berlino, il 16 settembre, per la mia prima delle Six Majors. Si tratta di un appuntamento che al solo pensiero mi emoziona. Cercherò di godermi il viaggio, l’esperienza, dando tutto il mio meglio nella maratona dove il kenyano Kimetto, quattro anni fa, fissò quello che è l’attuale record del mondo in 2:02:57. Due settimane prima però, di rientro dalle ferie nel mio amato Salento, farò una puntatina a Rapone, in Basilicata, per correre i 43,5 kilometri della Ultramaratona delle Fiabe. E, anche queste, saranno storie che avrò il piacere di raccontarvi. Sperando proviate lo stesso, reciproco piacere nel leggerle. A presto!

7 commenti Aggiungi il tuo

  1. Diego ha detto:

    Anch’io ero presente! Bellissima maratona e bellissimo racconto!

    1. Luigi Villanova ha detto:

      Grazie! Sì, devo dire che a parte il biscottone tra i cantieri navali è stata una bella maratona 😊

  2. Enzo Netti Putignano ha detto:

    Presenteeee. Bel viaggio !!!

    1. Luigi Villanova ha detto:

      Molto! 😊

  3. massimiliano ha detto:

    bellissimo racconto bella e coinvolgente avventura condivido in pieno la tua idea di correre e viaggiare liberamente…complimenti davvero luigi!!

    1. Luigi Villanova ha detto:

      Grazie Massimiliano! 😊

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